
Italiartista "Blogger Prof.Carla Marino"
CENNI BIOGRAFICI
Edvard Munch Edvard Munch Edvard Munch (1863-1944) è senz'altro il pittore che più di ogni altro anticipa l'espressionismo, soprattutto in ambito tedesco e nord-europeo. Egli nacque in Norvegia e svolse la sua attività soprattutto ad Oslo.
In una città che, in realtà, era estranea ai grandi circuiti artistici che, in quegli anni,gravitavano soprattutto su Parigi e sulle altre capitali del centro Europa. Nella pittura di Munch troviamo anticipati tutti i grandi temi del successivo espressionismo: dall'angoscia esistenziale alla crisi dei valori etici e religiosi,
dalla solitudine umana all'incombere della morte,dalla incertezza del futuro alla disumanizzazione di una società borghese e militarista. Del resto tutta la vita di Munch è stata segnata dal dolore e dalle sofferenze sia per le malattie che per problemi familiari. Iniziò a studiare pittura a diciasette anni, nel 1880. Dopo un soggiorno a Parigi, dove ebbe modo di conoscere la pittura impressionista, Egli divenne molto seguito ed apprezzato dai giovani pittori delle avanguardie.
Espose nelle loro mostre, compresa la celebre Secessione di Vienna
del 1899. Il sorgere dell'espressionismo rese sempre più comprensibile la sua opera. E al pari degli altri pittori espressionisti fu anche egli perseguitato dal regime nazista che dichiarò la sua opera «arte degenerata». 82 sue opere presenti nei musei tedeschi vennero vendute. Nell'opera di Munch sono rintracciabili molti elementi della cultura nordica di quegli anni, soprattutto letteraria e filosofica: filosofia esistenzialista di Kierkegaard e alla psicanali di Sigmund Freud. Da tutto ciò egli ricava una visione della vita permeata dall'attesa angosciosa della morte. Nei suoi quadri vi è sempre un elemento di inquietudine che rimanda all'incubo. Ma gli incubi di Munch sono di una persona comune. E così, nei quadri di Munch il tormento affonda le sue radici in una dimensione psichica molto più profonda e per certi versi più angosciante. Una dimensione di pura disperazione che non ha il conforto di nessuna azione salvifica, neppure il suicidio. L'URLO Questo è senz'altro il quadro più celebre di Munch ed, in assoluto, uno dei più famosi dell'espressionismo nordico. In esso è condensato tutto il rapporto angoscioso che l'artista avverte nei confronti della vita. Lo spunto è autobiografico. L'uomo in primo piano che urla è l'artista stesso. Tuttavia, al di là della sua relativa occasionalità, il quadro ha una indubbia capacità di trasmettere sensazioni universali. E ciò soprattutto per il suo crudo stile pittorico. Il quadro presenta, in primo piano, l'uomo che urla. Lo taglia in diagonale il parapetto del ponte visto in fuga verso sinistra, sulla destra vi è invece un innaturale paesaggio, desolato e poco accogliente. In alto il cielo è striato di un rosso molto drammatico. l'uomo nel suo corpo, fa pensare ad uno spirito. La testa è completamente calva come un teschio L'urlo, che più di tutti riesce a condensare con inaudita violenza la disperazione esistenziale dell'artista norvegese,come esso stesso scrisse in dettaglio:«Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all'improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad una palizzata. Sul fiordo nero-azzurro e sulla città c'erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura... e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura»: queste furono le circostanze che portarono Munch a dipingere l'urlo.
Mondiale ed ineguagliabile emblema dell'angoscia dell'uomo.Il protagonista della scena è, infatti, proprio l'uomo urlante, nel quale Munch infonde tutto il suo crudo stile pittorico. Il suo grido, lancinante ed unico nel trasferire angoscia allo spettatore grido di disperazione suggerendo la sordità ed impassibilità di fronte all'angoscia del pittore, che così ha deciso di tradurre in immagini la falsità dei rapporti umani. L'urlo di quest'opera, insomma, è un'esplosione di energia di inaudita potenza, che rende la tela una metafora della morte che spazza via, travolge, il senso della vita. Il Fregio della vita « In generale l'arte nasce dal desiderio dell'individuo di rivelarsi all'altro. L'arte è il sangue del nostro cuore » (Edvard Munch) Nel dicembre 1893, Berlino fu teatro di un'altra mostra di Munch: a Unter den Linden, infatti, vennero esposte sei opere, facenti parte di una serie detta Studio per una serie evocativa chiamata Amore. Fu così che ebbe inizio Il Fregio della vita, dove l'impeto visionario di Munch esplora i temi di vita, amore, paura, morte, malinconia ed ansia.Già nei primi anni novanta, infatti, sorse in Munch la necessità di riunire tutti i dipinti in un progetto unitario, dove potesse esprimere agevolmente il proprio pensiero sulla pittura. Quest'ultima, infatti, la intendeva non come mera arte di decorazione, ma come un approfondimento e chiarimento della propria vita e dei segreti più reconditi dell'animo umano: una sorta di autoanalisi ante litteram. Il Monte Calvario, noto anche come Golgota, 1900 Sera sul viale Karl Johan, 1892 Munch inserì molte opere degne di nota in questo ciclo. Fra queste, vi è Il Monte Calvario, detto Golgota (1900), dominato dalla figura del Cristo crocifisso, solo tra la folla: qui Munch si identifica con il Cristo in Croce, per ribadire le numerose tragedie che ha sofferto nella vita, ma anche per sottolineare il difficile ruolo del poeta del Novecento, una figura quasi cassandrica, un profeta inascoltato. In Sera sul viale Karl Johan (1892), invece, l'ectoplasma de L'urlo lascia il posto ad una massa di uomini borghesi, immersi in un'atmosfera allucinante: gli uomini sono tutti pallidissimi, hanno tutti gli occhi sbarrati. È così che un'attività piacevole, come il passeggio, si trasforma in un lugubre corteo spettrale: con questa metamorfosi si manifesta il pensiero di Munch, che intravede nella borghesia un'umanità vuota, priva di sentimenti, che si limita ad esistere e non a vivere. Quest'opera riprende il pensiero di Ibsen e di Strindberg, i due drammaturghi che pure ripugnavano l'alienamento dell'uomo moderno; allo stesso modo, però, anticipa anche il tema dei morti viventi, creature mostruose animate solo da uno stato di vita apparente, intente nella ricerca di qualcosa di indefinito. Il ciclo venne esposto interamente nel 1902,in occasione della quinta edizione del Berliner Secession, suddiviso in quattro tappe definite dallo stesso Munch: Seme dell'amore (con i dipinti: Notte stellata, Rosso e bianco, Occhi negli occhi, Danza sulla spiaggia, Il bacio, Madonna); Sviluppo e dissoluzione dell'amore (con i dipinti Ceneri, Vampiro, La danza della vita, Gelosia, La donna, Malinconia); Angoscia (con i dipinti Angoscia, Sera sul viale Karl Johan, Edera rossa, Golgota, L'urlo); Morte (con i dipinti Il letto di morte, La morte nella stanza della malata, Odore di morte, Metabolismo. La vita e la morte, La madre morta e la bambina). Furono in molti a manifestare il proprio disappunto, soprattutto verso le tele più provocatorie, colpevoli di aver messo in dubbio le istanze dell'epoca. Camille Mauclair fu categorica nel definire i quadri «senza disegno e di un colore barbaro, di una materia ributtante per impaccio e pesantezza». Per l'Aftenposen, storico giornale di Oslo, Munch era «un artista allucinato e allo stesso tempo uno spirito cattivo che si prende gioco del pubblico e si burla della pittura come della vita umana». L'artista fu accusato da William Ritter addirittura di «trasformare troppo semplicisticamente oggetti e persone in una bruttezza indecente, con una esecuzione troppo naive, a scapito di una forte educazione artistica». Analogamente, il giornale tedesco Magdeburgische Zeitung riprese alcune critiche già mosse negli esordi, affermando che l'artista «dipinge come in passato; gli stessi quadri non finiti, appena abbozzati». Munch nel 1912 Non mancarono, tuttavia, i ferventi ammiratori: Yvanhoe Rambosson, per esempio, capì che «il suo pensiero, complesso e ossessionato, si traduce spesso in un'espressione speciale e impressionante», per poi ammettere che «il solo rimprovero che si può muovere a Munch è che egli ottiene gli effetti desiderati attraverso un modo di procedere troppo diretto. Giunge a trasmettere un senso di terrore attraverso un colore o una combinazione di segni che, pur giustificati esteticamente, risultano sgradevoli». Anche Walther Rathenau sostenne il pensiero di Munch: «Con un disprezzo spietato per la forma, la chiarezza, l'eleganza, la completezza, ed infine il realismo, dipinge con un intuitivo talento le più sottili visioni dell'anima». Il crollo nervoso Nell'autunno del 1908 le condizioni di salute di Munch si aggravano, a causa della sua dipendenza all'alcool e di un litigio in un bar nel quale si vide coinvolto. Lo stesso artista ebbe modo di constatare: «ero al margine della follia, sul punto di precipitare». Divenuto preda di devastanti allucinazioni e sentendosi perseguitato, decise di entrare nella clinica del dottor Daniel Jacobson. Sotto le sue cure devote Munch migliorò la salute del suo corpo e del suo spirito; la degenza durò otto mesi, e nel 1909 l'artista poté fare ritorno in Norvegia. In patria finalmente fu felice: le sue opere si tinsero di cromie più vivaci, meno pessimistiche, e a rafforzare ulteriormente il suo umore vi furono i plausi del pubblico di Christiania, che - riconoscendo il suo successo - iniziò a comprare i suoi dipinti. Frattanto, Munch venne fatto Cavaliere dell'Ordine Reale norvegese di Sant'Olav per i suoi «servizi nell'arte». I disturbi nervosi, tuttavia, erano sempre dietro l'angolo: ne era consapevole il dottor Jacobson, che raccomandò al paziente di «frequentare solo buoni amici, e di evitare di consumare alcolici in pubblico». Munch seguì questo consiglio: prova della fiducia che l'artista riponeva nel proprio medico curante è la serie di ritratti ritraenti amici e mecenati; degni di nota sono anche i vari paesaggi che Munch ricolmò di ottimismo mediante l'utilizzo di pennellate leggere e cromie vibranti. Con la situazione economica resasi rosea, Munch divenne finalmente in grado di comprare diverse proprietà, in modo da fornire degna collocazione alle proprie opere d'arte, provvedendo anche alla sua famiglia.Ultimi anni Munch nel 1933 Munch trascorse gli ultimi anni della sua vita nella sua proprietà di 45 ettari di Ekely, a Skøyen, Oslo.Gran parte dei suoi ultimi dipinti celebrano l'idillio della vita agreste; a posare per queste scene bucoliche, spesso vi era anche il suo cavallo, Rousseau.Senza sforzo alcuno, inoltre, Munch attirò intorno a sé un gruppo di fanciulle ardenti, che ritrasse come soggetti di numerosi nudi artistici; non è da escludere che l'artista abbia intrattenuto rapporti sessuali con alcune di queste ragazze.In questo periodo Munch si cimentò anche nella pittura murale, decorando una delle sale mensa dell'antica fabbrica di cioccolato Freia, sempre a Oslo.Ciò malgrado, le sue energie creative erano esaurite, tanto che riuscì a portare a termine solo una serie di arditi autoritratti. Negli anni trenta e quaranta, la propaganda nazionalsocialista perseguì le opere di Munch, definendole «arte degenerata»: queste misure vessatorie, che vennero adottate anche con le tele di Picasso, Paul Klee, Matisse, Gauguin ed altri artisti moderni, comportarono l'immediata rimozione delle 82 opere munchiane esposte nei musei tedeschi.Munch ne soffrì amaramente, e a ciò si aggiunse la paura, sorta nel 1940 con l'occupazione nazista della Norvegia, di un imminente sequestro della sua opera omnia. Munch allora aveva 76 anni, e non era consapevole che ben settantuno sue opere avrebbero fatto poi ritorno in Norvegia, acquistate da collezionisti privati. Munch morì nella tenuta a Ekely il 23 gennaio 1944, appena un mese dopo il suo ottantesimo compleanno.